Cass., SS.UU., sent. 18 aprile 2016 n. 7665 (Pres. Macioce, rel. Cirillo)
(Massima a cura di Leo Stilo)
In argomento di notifiche a mezzo PEC opera l’insegnamento consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui «il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali – pertanto – la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario» (Cass., sez. lav., n. 13857 del 2014; conf., sez. trib., n. 1184 del 2001 e n. 1548 del 2002).
Il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto determina il raggiungimento scopo perseguito dalla previsione legale.
Inoltre, i ricorrenti non adducendo uno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria fanno solo ed esclusivamente una denuncia di vizi meramente formali e non influenti al fine del raggiungimento dell’obiettivo della notifica. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela, infatti, l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014).
Non è ammissibile, in conclusione, l’eccezione con la quale si lamenti solo ed esclusivamente un mero vizio procedimentale senza indicare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte.
Note
Testo del Provvedimento sul sito Processo Civile Telematico